sabato 31 maggio 2008

Cara liberazione,

ti scriviamo per un ennesimo fatto di fascismo subito, un’altra aggressione consumata sulla nostra pelle, un ennesimo atto di negazione forzata della libertà di espressione.
Ad averlo subito sono stati due ragazzini, due giovani coltivatori di sogni, speranze, nonostante un contesto sociale che ci spinge ad una guerra tra i penultimi contro gli ultimi.
I due giovani, che per tutelare la loro incolumità non nomineremo, sono stati selvaggiamente picchiati per una colpa ormai imperdonabile: uno di loro portava, nel quartiere San Basilio di Roma, una maglia di “Che” Guevara.
Ora, gli elementi in campo sono così definiti nei loro connotati da risultare quasi irreali.
La paura più grande che ci pervade è una, ossia, che spaccati così duri di molte realtà cittadine possano, per il loro copioso manifestarsi, essere inglobati dalla spirale dell’indifferenza sociale.
Infatti, nel nostro piccolo grande paese c’è, da alcuni mesi, una tendenza assurda: l’assuefazione alle dinamiche più cruente, alle oppressioni più brutali, alle più becere mortificazioni della condizione umana.
Pensiamo alla ormai persecuzione in atto verso i Rom, alla mafia che è riconosciuta come sistema e alla pratica accettata della mistificazione del vero.
L’art 21 della costituzione enuncia la libertà di manifestazione del pensiero, con scritti, parole ed ogni altra modalità che non rappresenti turbativa dell’ordine pubblico.
È realmente possibile fare ciò? Se si considerasse quanto è accaduto ai due ragazzi, si dovrebbe rispondere in maniera negativa.
Ma a cosa è dovuta tanta follia?
Probabilmente la risposta va ricercata nella modalità con cui viene tutelata la giustizia sociale, una giustizia usata come corpo inorganico, una giustizia, semplicemente, forte con i deboli e debole con i forti.
Non vogliamo divagare da quello che è il nostro sfogo principale, ma troviamo ingiusto che gli strumenti mediatici non approfondiscano il clima di odio alimentato, il via libera dato alla persecuzione di chi non è conforme ai meccanismi di equidistanza creati; se dei ragazzi vengono aggrediti per un motivo così futile l’interrogativo deve essere di portata generale.
Anche l’essere di sinistra viene buttato nel calderone insieme al resto, viene sempre esclusa la matrice politica ad aggressioni subite, tutto è riconducibile sempre all’insofferenza giovanile dei tempi.
La questura chiama risse dei chiari atti di violenza unilaterale, portati avanti, a Roma e non solo, da soggetti purtroppo protetti da lobby e pezzi di politica, ben documentati dal documentario nazirock (ndr).
Tutti uguali e dunque teste calde, chi esclude che sia avvenuto l’olocausto Ebreo e chi riconduce il suo pensiero al filone culturale che ha liberato questo paese dal nazi-fascismo, chi negli anni passati tentò il colpo di stato Borghese con l’aiuto della ndrangheta calabrese e chi invece crede che un altro mondo sia possibile.
Insomma, il revisionismo storico, indirettamente, si è abbattuto, con buona pace dei media e dei governanti, su due ragazzini colpevoli di volersi esprimere.

Prima di tutto vennero a prendere gli zingari e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, ed io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c'era rimasto nessuno a protestare. Autore: Brecht

Valerio Colella valeddu@yahoo.it
Giuseppe Curcio kyterion@hotmail.it

venerdì 23 maggio 2008

situazione debiti regione lazio(estratto da liberazione)

Luigi Nieri
Non è facile spiegare a un lettore, seppur informato e attento, come può esserlo quello di Liberazione , cosa significa avere a che fare con la finanza - quella del ventunesimo secolo - quando si governa un ente complesso come la Regione Lazio. Provo a sintetizzare la vicenda infinita e paradossale dei debiti della nostra Regione. 10 miliardi cumulati senza troppi patemi ai tempi del governo di Storace. Una parte di quei miliardi era costituita da fatture da pagare a fornitori della sanità. Quelli erano tempi in cui non si controllava se alle fatture corrispondeva o meno una prestazione o un servizio, veri. Far emergere quel debito non è stato facile. Ci sono stati mesi e mesi di lavoro da parte degli uffici nel nome della trasparenza. Sempre nel nome della trasparenza abbiamo invitato i fornitori a farsi avanti e ad accettare una nostra proposta di transazione del debito pregresso. Quelle fatture infatti producono un interesse annuo pari addirittura al 10%. Un tasso di interesse che sfiora quello per cui scatta il crimine di usura. Una fetta significativa di fornitori si è palesata. Si è fatta riconoscere. Ha mostrato i propri titoli. Ha deciso di accettare la proposta di transazione che prevedeva da una parte la rinuncia agli interessi di mora e all'azione legale, dall'altra l'assicurazione del pagamento in tempi finalmente certi. Un'altra fetta non meno significativa di titolari di fatture non si è fatta viva nonostante le nostre sollecitazioni pubbliche. Indifferenza? No! Cinismo tattico e speculativo. Nel tempo è accaduto che piccoli e medi fornitori sono stati contattati da società finanziarie che hanno proceduto a un vero e proprio rastrellamento su base regionale delle fatture insolute. Le hanno comprate a prezzo inferiore rispetto a quanto dovuto dalla regione al fornitore originario. In questo caso il creditore ha preferito un pagamento immediato e ridotto piuttosto che un pagamento integrale ma incerto nei tempi. Le società finanziarie che si sono comprate le fatture avevano a disposizione una liquidità infinita. Per meglio capirci, si tratta di società che possono decidere di acquistare fatture per centinaia di milioni di euro e per anni non richiederne l'esazione. Società che si vergognano a presentarsi all'esterno, tanto che nell'era della comunicazione digitale non è facile rintracciarle sul web. Alcune di queste società hanno chiesto e ottenuto da giudici onorari il pignoramento delle casse regionali per centinaia di milioni. Tutto lecito (o quasi) ma una domanda sorge spontanea. Da dove provengono i fondi infiniti di cui dispongono queste società? Le società finanziarie d'assalto in realtà sono appendici di multinazionali della finanza che spostano capitali con una facilità imbarazzante. Sono la punta di diamante di un mercato immorale, senza regole. Si tratta di società che si finanziano utilizzando fondi rischi di società internazionali in un gioco di scatole cinesi che dal Lazio conduce in Olanda e finisce, ad esempio, negli hedge funds americani. Sono disposte a mettere in ginocchio la sanità di una regione per pochi spiccioli. Spiccioli sono infatti per loro gli interessi che incassano grazie alla questa tattica attendista. Spicciolo su spicciolo hanno costruito sulla pelle delle persone le loro fortune. Contro queste finanziarie stiamo reagendo in giudizio ma crediamo sia opportuno farlo anche fuori dalle aule di giustizia. Vogliamo chiarezza. Chiediamo a questi signori, alcuni dei quali sappiamo essere frequentatori di salotti romani, di venire a discutere con noi le procedure trasparenti di pagamento. Proponiamo loro di firmare un codice etico che li impegni a evitare azioni che mettano in futuro a rischio i diritti dei cittadini, primo fra tutti il diritto alla salute. La sanità privata laziale è stata un luogo di malaffare. La destra ci ha sguazzato. Un pezzo della sanità privata si incrocia con il mondo dei costruttori. A questo modello di finanza noi opponiamo la nostra finanza, quella etica. Un modello che ad esempio, ci ha portato a sostenere un progetto come il microcredito per il quale sono state investite ingenti risorse. Quasi 13 milioni di euro. Uno strumento, questo, basato su prestiti a condizioni più che vantaggiose, in grado di sottrarre famiglie e imprese alle difficoltà cui ci si espone a seguito di forti indebitamenti. Il generale impoverimento dei lavoratori, dei precari, delle famiglie, infatti, rischia di gettare migliaia di persone nel giogo della disperazione. Contro questo pericolo è fondamentale creare una rete solidale e virtuosa. Qualcuno sostiene che si tratta di argomenti poco opportuni per un assessore al Bilancio. E qui sta il punto. Oggi più che mai sono convinto dell'importanza di sottrarre terreno a quella parte di mercato fuori controllo e, in alcuni casi immorale, il controllo delle vite. Un obiettivo che è possibile raggiungere solo ridando forza e centralità a quei progetti di governo che mettono al centro delle proprie politiche la questione dei diritti anziché il mero profitto.23/05/2008

giovedì 15 maggio 2008

Detassazione degli straordinari, il grande inganno.

Sembra scontato che la prima misura presa dal governo Berlusconi, eccetto i primi provvedimenti xenofobi(commissario anti-rom), sarà quella della detassazione degli straordinari.

L'assetto mediatico saluta il futuro decreto come una mano santa capace di incidere su crescita, potere di acquisto dei salari e aumento dei consumi.

Nulla da ribadire, chi effettivamente sfrutterà le ore di straordinario detassate potrà, in busta paga, avere un aumento che va dalle 500 alle 1000 euro su base annua.

Vi è però una cosa che va spiegata.

Se si considera il mercato del lavoro come un organismo omogeneo, si deve fare un'analisi ulteriore.


Inevitabilmente, se si rende conveniente, oltre modo, lo straordinario, le imprese avranno una maggiore pulsione ad avallare l'aumento delle ore lavorative e, con buona pace del tasso di disoccupazione, ridurre le assunzioni di nuovo personale.

Altro fattore da considerare è la tanto conclamata, ma nei fatti non considerata, questione della sicurezza sul lavoro.

In Italia, mediamente, muoiono 2 persone al giorno per "incidenti sul lavoro", sarebbe più opportuno definirli omicidi.
Tale affermazione, non affatto colorita, deriva da dati statistici purtroppo veri ed accertabili da fonti ministeriali.
L'Italia, pertanto, ha un ritardo abissale, nei confronti dei paesi europei industrializzati, sul fronte sicurezza sul lavoro.
Questo dato, già catastrofico, sarebbe accresciuto da un decreto atto a detassare gli straordinari, infatti, tale manovra spingerebbe ad accrescere le ore di lavoro anche in quei campi "c.d. usuranti" dove le condizioni di lavoro sono già pessime.

Qeste valutazioni, di proposito poco tecniche, servirebbero da sole a bollare il decreto come inutile e superfluo, ma ci sono da vagliare altri aspetti.

Gli straordinari, come ovvio, non sono automatici e, come è altrettanto chiaro, non possono che riguardare una parte residua dei comparti lavorativi.

Facendo l'esempio di un'azienda media, con un numero x di impiegati, a quanti spetterebbe l'aumento delle ore lavorative?A quanti verrà concesso di fare lo straordinario?
La risposta è semplice, sconcertante e triste.
Solo per alcuni ci sarà lo straordinario, ciò comporterà delle competizioni frenetiche tra dipendenti e, inevitabilmente, una contrapposizione di interessi tra lavoratori dipendenti.
Insomma, la detassazione, insieme a quello che sarà l'attacco al "contratto nazionale" è l'ennesima spinta che il liberismo effettua verso la contrapposizione tra lavoratori.

E il tasso di occupazione femminile?
Quante donne saluteranno favorevolmente l'aumento delle ore lavorative?O meglio,quante donne con a carico figli trarrebbero giovamento da una manovra simile?
Considerando che l'aumento medio è di 100 euro al mese e le spese per "parcheggiare" i figli sono ben superiori, ne denotiamo che il provvedimento è "maschilista".

Su questa base, sarebbe anche opportuno interrogare la corte di giustizia per l'apporto discriminatorio che il decreto porterebbe alla, già tanto, sottovalutata questione femminile.

Scatenatevi nei commenti.

Giuseppe Curcio